Bologna la rossa, la dotta e la grassa, ma anche la misteriosa, e ciò è dovuto alle molte storie sulle streghe che si sentono su questa città.
Circolano infatti molte storie di fattucchiere e magie, riti e cricche, pozioni e torture.
Sembra l’inizio di una storia di paura per bambini, ma è fatto noto che Bologna, tra il 1200 e il 1700, fu un centro prolifico di stregoneria. Inoltre, qui, la repressione di queste pratiche fu particolarmente feroce e il tribunale dell’Inquisizione della città, era celebre per essere tra i più violenti della sua epoca.
Ovviamente, coloro che venivano accusate erano principalmente donne. Folle con forconi e fiaccole che urlavano in coro: “Al rogo la strega!” Scena da film? Forse, ma è fatto certo che questa fu la fine che toccò a numerose donne.
Ma cosa avevano di speciale, per meritarsi questa orribile fine?
Queste presunte “streghe” di Bologna erano donne “scomode”, svolgevano mestieri “particolari”; per lo più astronome, erboriste, prostitute, donne che sapevano curare i malati, ma che una scienza ferma ai precetti medici dell’antica Grecia non poteva accettare. Donne il cui sapere le portava a essere considerate pericolose. Per questo venivano eliminate con processi sommari, a seguito di confessioni strappate con la tortura, prive di prove credibili e attendibili, basate solo sulle dicerie malevole della popolazione.
Secondo la credenza dell’epoca, le streghe bolognesi si riunivano nei boschi del monte Paderno, sui colli, per i loro sabba (dei convegni di streghe svolti in presenza del demonio, durante i quali si eseguivano formule magiche e riti).
Si parlava di donne che confessano di essere volate nei boschi per celebrare cerimonie e balli esoterici attorno al fuoco. In realtà, questo delirio era causato dagli unguenti a base di erbe allucinogene con cui venivano cosparse dagli inquisitori durante i processi.
Del resto, le coltivazioni di canapa erano una delle basi dell’agricoltura del posto e i contadini più poveri non potevano permettersi altro cibo se non quello che producevano. Infatti, se si consulta i ricettari medievali bolognesi, si scopre che erano ricchi di piatti a base di canapa.
Ancora oggi si ricordano le storie tragiche di alcune di queste donne.
Piazza San Domenico, 14 luglio 1498, è qui che si colloca l’ombra di quella che fu una donna bella, istruita, ricca e potente. Si chiamava Gentile Budioli, conosciuta ancora oggi con l’epiteto “strega enormissima di Bologna”.
Gentile era nata da un’ottima e ricca famiglia ed aveva sposato il notaio Cimieri, che aveva casa di fronte alla chiesa di San Francesco.
Donna colta e sempre assetata di conoscenza, aveva frequentato le lezioni di astrologia tenute da un professore universitario e aveva appreso le arti erboristiche da un frate di sua conoscenza.
Nonostante la disapprovazione del marito, iniziò a mettere a disposizione degli altri le sue conoscenze di medicina e ben presto divenne celebre in tutta la città, grazie anche alla rara capacità di comprendere e, qualche volta risolvere, i problemi psicologici delle altre persone. La stessa Ginevra Bentivoglio, moglie del Signore di Bologna, Giovanni II, volle conoscerla e diventarne amica.
Grazie alle sue capacità empatiche, Gentile si conquistò il ruolo di consigliera della piccola corte dei Bentivoglio, rendendosi però oggetto di invidia, dicerie e maldicenze.
I malvagi cortigiani iniziarono a condizionare Giovanni II, il quale già alle prese con la congiura dei Malvezzi (tentativo di questi di spodestare i Bentivoglio) e con le minacce papali, giunse a incolpare la donna di questi accadimenti negativi.
Era lei che con le sue arti oscure gettava su Bologna un velo di sventure.
Ben presto i pettegolezzi si trasformarono in una vera e propria accusa di stregoneria. Nemmeno la sua amica Ginevra riuscì ad evitarle le tremende torture a cui fu sottoposta e che le fecero confessare ciò che in realtà non aveva mai compiuto.
La sua storia si concluse tragicamente, tra le urla del popolo bolognese e gli scoppi della polvere da sparo gettata sul fuoco mentre il suo corpo bruciava e si disperdeva nell’aria.
Nel 1400 si racconta invece la storia di Caterina, sposa insoddisfatta di un ricco lanaiolo milanese, la quale cercava avventure extraconiugali, pur sapendo che l’adulterio era punito severamente. Per questo, prima di recarsi dall’amante serviva tisane a base di oppio al marito, che cadendo in un sonno profondo, non si accorgeva di nulla. Fino a una sera in cui la scoprì, accusandola immediatamente di stregoneria. Fatto curioso era che nelle insinuazioni formulate nei confronti di Caterina non si accennava all’adulterio, ma si parlava invece, di una donna che si aggirava per la città strappando erbe per pozioni magiche, uccidendo animali per prendere loro il cuore e usarlo in riti esoterici e rapendo bambini per sacrifici umani. Fortunatamente un cardinale conoscente della donna, le concesse l’amnistia e Caterina ebbe salva la vita.
Una donna di nome Giacoma diagnosticò il malocchio (occhio malocchio, prezzemolo e finocchio!!!) a una donna da tempo ammalata e, dopo una cura a base di incenso, pelo di gatto e di asino, vetro tritato e sterco di bue (il classico rimedio della nonna insomma), ricevette come ricompensa la condanna al pubblico castigo, prima di essere cacciata da Bologna.
E ancora una certa Margherita Sarti, astrologa di professione che fu trascinata in piazza per il pubblico scherno e flagellata dalla popolazione per ore, fino a che le ferite la uccisero dopo giorni di agonia.
E non dimentichiamoci di Franceschina, accusata di essere una strega solo per il fatto di aver ammaliato e fatto innamorare di sé un ricco bottegaio. Ahhh il fascino femminile, quale malefico sortilegio.
Molto tragiche erano le sorti di queste streghe di Bologna.
Infine, ricordiamo le terrificanti “Burde” del folklore bolognese. Chiamate anche “streghe dell’acqua” e rappresentate come donne bendate e orribili. La leggenda vuole che queste streghe di Bologna siano la personificazione della paura legata alle zone paludose, agli stagni e ai canali.
Se siete dei fanatici dell’horror e vi venisse in mente la malsana idea di andare a cercarle, vi consiglio di aggirarvi lungo i corsi d’acqua della città nelle ore buie e nelle giornate nebbiose, così vi faranno fare una brutta fine e magari nella prossima vita ci penserete due volte.
Queste streghe venivano solitamente invocate dagli adulti per spaventare i bambini e tenerli lontani da questi luoghi pericolosi, (per i bolognesi il classico uomo nero era troppo mainstream). Alcune ninne nanne romagnole sono dedicate alla Borda, che ammazza i bambini che non stanno buoni e non vogliono dormire, strangolandoli con un laccio o una corda.
«Ninàn, ninàn, la Borda
la liga i bei babèn cun una côrda.
Cun una côrda e cun una curdella,
la liga i bei babèn pu la i asserra,
cun una côrda e cun una ligazza,
la liga i bei babèn pu la i amazza»
Traduzione:
«Ninna nanna, la Borda
lega i bei bambini con una corda.
Con una corda e con una cordicella,
lega i bei bambini e poi li stringe,
con una corda e con un legaccio,
lega i bei bambini e poi li ammazza.»