L’Accademia di Palazzo Bocchi: ebraismo ed eresia

L’Accademia di Palazzo Bocchi: ebraismo ed eresia

Achille Bocchi fu un illustre umanista italiano vissuto nel 1500, che studiò e insegnò latino e greco presso l’Università di Bologna. La sua celebrità, però, fu dovuta a tutt’altro. Infatti, divenne un attivo membro della vita culturale della città, soprattutto grazie all’accademia che fondò all’interno del suo Palazzo: “L’Accademia Hermathena” o Accademia di Palazzo Bocchi.

Il nome dell’associazione derivava dalla dialettica del dio Hermes (o Mercurio), mista a quella della dea Atena (o Minerva), ovvero la rappresentazione della Scienza e della Sapienza, il maschile e il femminile. Con ciò voleva alludere all’intera conoscenza umana, la quale è tanto razionale quanto ermetica.

Posti dunque a protezione dell’Accademia, le due divinità ispiratrici furono collocate come effigi in un angolo del Palazzo Bocchi con al centro Cupido che regge la testa di un leone con la scritta “Sic Monstra Domantur”, ovvero “così si domano i mostri”. Oggi, a causa delle pessime condizioni della pietra arenaria è purtroppo appena riconoscibile il leone.

Le blasfeme discussioni all’interno dell’Accademia di Palazzo Bocchi

All’interno dell’Accademia i principali letterati dell’epoca (Ulisse Aldrovandi, Gabriele Paleotti e altri) trattavano di ebraismo, cabala, alchimia, misteri dell’esoterismo, mantenendo vivo un sapere molto distante da quello universitario, considerato, al tempo, blasfemo e miscredente.

Vi partecipò, per più di un anno, anche il famoso Paolo Ricci, alias Camillo Renato, alias ancora Lisia Fileno, noto eretico italiano, giunto a Bologna verso la fine del 1538.

Già sottoposto a processo e scagionato, ma fattosi col tempo sempre più radicale nelle sue teorie, fu costretto a fuggire per scampare all’arresto minacciato dall’Inquisizione di Bologna. In quest’occasione furono il Bocchi e i suoi amici a sollecitarlo alla fuga dalla città, dopo aver tentato invano di trattare con l’Inquisizione.  

Comode amicizie

Achille Bocchi, grazie alla sua fama e al suo prestigio, aveva ottenuto una dispensa speciale e poteva dunque insegnare a casa propria. Le sue lezioni non erano soggette al controllo universitario, soprattutto grazie all’amicizia dell’umanista con numerosi Papi e figure di spicco del panorama bolognese. La sua conoscenza con Papa Leone X  e poi con Papa Pio III, notoriamente tolleranti e aperti, gli consentirono di operare liberamente all’interno del suo palazzo, concedendogli anche la possibilità di stampare dei testi all’interno della stamperia che aveva fondato per dare sfogo alle proprie manie editoriali.  

Dai suoi torchi fuoriuscivano simboli mistici, cubi, sfere magiche, mari in tempesta, animali antropomorfi e scogli turriti, tutti elementi distintivi dell’emblematismo, di cui lo stesso Bocchi fu precursore. Anche grazie al giovane umanista, Bologna divenne una dei cinque centri di produzione libraria più importanti del paese, con ben 2200 testi stampati solo nel XVI secolo.

L’ebraismo e le pressioni clericali  

Alla morte di Paolo III, però, Bocchi si ritrovò senza protezione dalle accuse di eresia e la sua Accademia entrò nel mirino della Chiesa, in pieno periodo di Controriforma.

Motivo di grande attenzione sull’edificio e su ciò che vi accadeva all’interno, furono sicuramente le due grandi iscrizioni in ebraico presenti sullo zoccolo del palazzo (unico caso in Italia e in Europa di iscrizione in ebraico su di un edificio monumentale).

La prima riproduce un versetto del salmo 120 del Salterio e recita: “Signore, liberami dalle labbra menzognere e dalla lingua ingannatrice”. L’altra, invece, è tratta dalla L’Epistola di Orazio e sentenzia: “Sarai Re, dicono, se agirai rettamente”.

In questi anni, sopra queste scritte, comparvero due croci. Sono ancora facilmente individuabili sopra il termine ebraico che significa “Dio” e sul termine “Rex”, in latino “Re”, “Signore”.

Ancora oggi non si è sicuri di chi le aggiunse, ma l’ipotesi più probabile, è che furono la conseguenza di una sentenza del Sant’uffizio, la quale iniziò a sorvegliare gli studi che avvenivano all’interno dell’Accademia, ritenendoli troppo vicini agli ambienti culturali anticlericali ed eretici. Del resto, il nuovo Papa, Paolo IV, già grande inquisitore della scuola spagnola, perseguitava gli ebrei dello stato e bruciava in pubblico i libri ebrei definiti anticristiani.

Come avrebbe potuto dunque tollerare una scritta ebraica su di un palazzo chiaramente visibile a tutti?

Probabilmente Bocchi riuscì a concordare con la Chiesa il mantenimento delle scritte, purché purificate dal segno della croce.  

Il controllo fu comunque molto pressante e l’Accademia, nonostante gli sforzi, non resse alle pressioni esercitate. Chiuse definitivamente nel 1560, sottraendo alla città di Bologna un polo culturale alternativo a quello canonico.