La Torre Prendiparte: oltre la Garisenda e gli Asinelli

La Torre Prendiparte: oltre la Garisenda e gli Asinelli

Bologna, si sa, è la città “turrita” famosa per le torri – più di cento – che svettavano nel suo cielo tra il XII e XIII secolo. A oggi ne sono rimaste in piedi ventiquattro, tra cui le famosissime Torri degli Asinelli e Garisenda.

Ti starai forse domandando perché a Bologna vennero costruite così tante torri.

Ebbene, le torri bolognesi iniziarono a essere costruite dopo l’anno Mille, quando la società civile iniziò a riorganizzarsi e i signori feudatari si trasferirono in città, dove iniziarono ad edificare le torri. Queste difatti rappresentano uno status simbol delle famiglie oltre che una struttura difensiva a scopo bellico.

Le torri che vediamo oggi sono però semplici scheletri: un tempo attorno ad esse si sviluppavano delle costruzioni di legno, delle scale che permettevano l’accesso alla torre tramite delle porte (che oggi crediamo essere finestre). Ma a partire dal 1252,  gli statuti bolognesi stabilirono il divieto di abitare e tenere scale fisse nelle costruzioni al di sopra dei 15 ponti (21 m). Così facendo le torri, da cui spesso venivano gettate pietre, lance e dardi, vennero rese innocue.

La loro costruzione durava dai tre ai dieci anni, a seconda dell’altezza, della manodopera e delle risorse economiche a disposizione. In media, per una torre di 60 m, come la Torre Prendiparte,  occorrevano 500.000 giornate di operaio, 650.000 mattoni, 900 t di calce e 2000 t di legno per un peso complessivo di circa 7800 t.

Inoltre le pareti erano orientate secondo gli antichi cardines e decumani romani, e dunque con fronti rivolti a mane(est), sero (ovest), de supra (sud) e de subtus (nord): i quattro punti cardinali.

La Torre Prendiparte

La Torre Prendiparte è una delle torri ancora intatte, una delle 20 sopravvissute allo scorrere del tempo. Situata in via Sant’Alò e alta ben 59,50 metri (61 metri con il pinnacolo sulla sommità), è la seconda torre più alta di Bologna  dopo quella degli Asinelli.

La Torre viene chiamata anche “coronata” in quanto a circa 50 metri d’altezza è presente una risega dalla forma di una corona che ne diminuisce lo spessore.

La famiglia Prendiparte, che costruì la torre, ha origini remote nel feudalesimo padano. Le nobili ascendenze della famiglia consentirono ai Prendiparte di possedere vaste ricchezze e territori, oltre che numerosi castelli come quello di Mirandola, Montecuccolo e Settefonti. Nel 1256 il “Liber Paradisus”, che decretò la liberazione dei servi nel comune, attribuiva alla famiglia ben 218 servi al suo servizio.

Esponenti di rilievo della nobiltà cittadina, i Prendiparte possedevano un intero isolato cittadino che comprendeva il  “palazzo vecchio”, il “palazzo nuovo”, la “casa nuova” e un’ulteriore torre. Inoltre nelle vicinanze possedevano un “grande ospizio merlato” con adiacente la “torre granda”, la Coronata appunto.

Dal 400 a oggi

Alla fine del ‘400 la Torre Prendiparte passa alla famiglia Fabruzzi dopo la scomparsa della famiglia Prendiparte. Con  la caduta di Giovanni Bentivoglio nel 1508, la torre venne confiscata ai Fabruzzi. Non molto tempo dopo due monache della famiglia riuscirono a riottenerla per conto del monastero di Santa Maria della Consolazione che vendette la torre nel 1530 a Ercole Seccadenari. La famiglia Seccadenari fu proprietaria della Torre Prendiparte fino al 1588 quando la vendette, insieme alla casa contigua, alla Mensa Arcivescovile che adibì le strutture a seminario.

Quando nel 1751 il seminario fu trasferito di fronte alla cattedrale di San Pietro, la torre e la casa adiacente divennero un  carcere fino alla confisca napoleonica del 1796. Ad oggi alcune delle scritte, dei disegni e delle incisioni  lasciate sui muri dagli antichi prigionieri sono ancora visibili. I disegni, che raffigurano per lo più paesaggi, chiese ed abitazioni oltre a figure umane, presentano un colore rossiccio: questi  venivano infatti realizzati con scaglie di mattoni in laterizio o con una pastella composta da polvere di mattone e da liquido organico. All’inizio delle scale che portano al quarto piano è tutt’ora presente un avvallamento che testimonia l’asportazione dei laterizi a tale scopo.

Alcune ricerche effettuate presso l’archivio della Curia Arcivescovile hanno reso possibile risalire alle vicende di alcuni prigionieri; si trattava esclusivamente di uomini che per lo più si macchiarono di delitti contro la religione e la morale cristiana. Sui muri della prigione è ancora visibile la testimonianza di Angelo Rizzoli che scrisse: “carcerato per avere ingravidato due sorelle”, e quella di Francois Vial di Grenoble che racconta di esser stato erroneamente scambiato per un borseggiatore mentre si trovava a Bologna a vendere delle stoffe.

Dopo il 1796, eliminate le prigioni, sia la torre che le case limitrofe rimasero di proprietà della Mensa Arcivescovile di Bologna fino al 1873, quando divennero di proprietà del Demanio dello Stato e nello stesso anno vennero poi acquistate da Monti Vincenzo fu Giovanni. Dopo una serie di altri passaggi di proprietà, il conglomerato passò nelle mani di Clemente Giovanardi nel 1972. Da allora la torre è stata abitata per alcuni anni e successivamente è stata avviata un’opera di riadattamento che le ha conferito l’attuale aspetto.

La torre oggi non solo è visitabile (e la vista dalla cime è mozzafiato), ma ospita addirittura un Bed and Breakfast che può accogliere fino a 30 persone.