La festa delle matricole: una tradizione goliardica

La festa delle matricole: una tradizione goliardica

Quando si parla di Goliardia, si sta parlando di tradizione, cultura, usanze che vengono tramandate nei secoli da adepti ad adepti. Tra questa infinita lista di usanze, ve n’è una che coinvolge tutta la comunità degli universitari e non. Risalente al XIX secolo, la “festa delle matricole” si è nel tempo consolidata nella tradizione goliardica.

“Vulgaris matricola minus quam merda”, cioè “la matricola è meno che un pezzettino di…”.

Questo è il simpatico modo in cui vengono apostrofati tutti i nuovi iniziati alla Goliardia.

In fondo, già tutti quelli al secondo anno si sentono avanti e guardano con sufficienza i più piccoli, come a dire “povero sciocco, tu non sai niente di quello che ti aspetta”.

Le matricole vengono prese in giro dalla notte dei tempi e probabilmente questa usanza deriva proprio dall’antica tradizione della Goliardia.

Ma senza nuovi iniziati la comunità di studenti universitari scomparirebbe, per questo delle vittime sacrificali sono quanto mai necessarie.

In loro “onore”, è dunque stata istituita la “Festa delle Matricole”, che tutto è tranne che un party.

La festa delle matricole

Anticamente chiamato “Liberatio Scholarhum”, prevede la liberazione delle matricole dalla costrizione delle lezioni e delle aule durante l’arco di una giornata.

Questa festa coinvolge tutto il mondo universitario, ma viene organizzata principalmente dai più anziani goliardi, ovvero gli studenti con più anni alle spalle (che spesso e volentieri sono dei fuori corso, perché si sà che non è una triennale se non dura sei anni).

Tenute le opportune riunioni segrete, per decidere la modalità della festa, si apre, nel giorno X, la caccia alla matricola.

Solitamente i primi ad accorgersi di cosa sta accadendo sono i baristi, perché i goliardi, vestiti di tutto punto con il mantello e la “feloca” (copricapo tipico), terminano la colazione al grido di “Tanto paga il rettore!!!”.

A pancia piena e carichi più che mai, i nostri baldanzosi studenti, si recano nelle scuole, principalmente superiori, per liberare i giovani dalle grinfie dell’ Istituzione.

Preannunciati dal suono di clacson, di fischietti e di canzoni, avvolti nei loro mantelli scintillanti, come dei prodi cavalieri, giungono davanti alle scuole per occuparle (simbolicamente), impedendo l’ingresso ai ragazzi o facendoli uscire dalle aule, tra le grida di disapprovazione e le minacce di chiamare il preside dei professori.

Ed è così che si scatena il caos. Un’orda di matricole che fuggono in tutte le direzioni per sfuggire alle grinfie dei goliardi.

Le prede catturate, sono costrette a pagare un piccolo obolo (pecuniario o non) e a subire prese in giro da parte dei più grandi, come in una specie di rito di iniziazione. Qualche volta viene chiesto loro di pagare da bere, in onore delle uniche tre divinità in cui credono tutti i goliardi, ovvero Bacco, Tabacco e Venere, cioè il vino, il fumare e le donne.

L’interrogatorio

Una volta ripulite le matricole di tutti i loro averi, è giunto il momento di prendersi gioco di loro.

Una pratica molto in uso è quella dell’interrogatorio, il quale spesso verte sul tema delle esperienze sessuali. Quanto più gli interrogati dimostrano scarsa conoscenza dell’argomento e tanto più si imbarazzano davanti ai quesiti, tanto più l’interrogatorio diventa “cattivo” e scomodo.

Qualcuno riesce a sfuggire alla tortura, perché, come in ogni istituzione che si rispetti, sono “raccomandati”. Infatti, vi sono quelli che come si suol dire, hanno “I Santi […] in paradiso”, ovvero coloro che hanno amici universitari importanti i quali assicurano la loro protezione e che dunque gli fanno disporre di un lascia passare assoluto e per via del quale nessuno può toccarli.

Il papiro

Un’antica tradizione di questo giorno è quella di rilasciare alle povere vittime un “papiro”. Questa è una pergamena redatta appositamente per l’occasione, riempita di frasi e disegni sconci e ironici, delle volte realizzati da dei veri e propri artisti incaricati di mettere inchiostro su carta alcune delle gesta più eroiche compiute da un goliardo, come quella volta in cui ha corso nudo da Via Zamboni fino alle due Torri, o il tentativo di instaurare una monarchia nella Repubblica di San Marino.

La festa delle matricole, però, non termina con la liberazione degli studenti.

A questo punto inizia una specie di corteo per la città, la quale viene tappezzata di cartelloni farneticanti e pervasa in lungo e in largo da goliardi avvolti nei loro mantelli e con le colorate e caratteristiche feluche, mentre cantano antichi inni latini, brindando alla giovinezza.

La sfilata dei carri

Tipico della città di Bologna, è la sfilata dei carri allegorici, che parte da Via Zamboni, per attraversare Piazza del Nettuno e giungere ai giardini di Via Filippo Re, accompagnata da sbandieratori, tamburi e chiarine. I goliardi marciano in gruppo in una lunga processione fatta di schiamazzi, risate e brindisi.

Il Gran Maestro della loggia intona gli inni tradizionali dall’alto della torre Asinelli, mentre viene accompagnato dal coro dei discepoli che impugnano la feluca verso il cielo. Tante voci, un solo canto: l’inno riecheggia fra gli antichi portici e il selciato.

Trainati sugli inusuali carri troviamo i più svariati personaggi, rappresentanti le varie “balle” goliardiche bolognesi (congregazioni): il Principe della Congiura dè Pazzi, il Console dell’Oca, l’Ammiraglio del Vascello trascinato dentro ad una vasca mentre lancia gavettoni a destra e a manca, l’Imperatore delle terre del Nord e il Papa-Nettuno che impugna sicuro il suo tridente.

La discesa dei carioli

Si procede nei festeggiamenti con la rocambolesca “Discesa dei Carioli”, in bilico tra un palio medievale e l’insensata follia. Una corsa con i mezzi più strampalati e pericolosi, costruiti dagli stessi studenti dell’Alma Mater, i quali percorrono la discesa che parte dall’Ospedale Rizzoli e termina all’ingresso dei Giardini Margherita, nel tentativo di guadagnarsi il primo posto, senza uccidersi accidentalmente schiantandosi contro una qualche superficie.

La chiusura definitiva della festa delle matricole, arriva in serata con l’intonazione del tradizionale “Gaudeamus Igitur”, ovvero l’inno internazionale della Goliardia, cantato attorno alla statua del Nettuno. Una conclusione fatta di rumori e allegria perché, come recita lo stesso inno, “Spassiamocela dunque, finché siamo giovani. Dopo l’allegra gioventù, dopo la scomoda vecchiaia, ci riceverà la terra!”.