“Ode al tortellino”
Quale cibo sopraffino
è il felsineo tortellino.
Dentro il brodo di cappone
te lo mangi in un boccone,
se poi metti panna o ragù,
te lo gusti ancor di più.
Con le uova e la farina
già la sfoglia vien divina,
ben tirata al mattarello:
il segreto è proprio quello.
[…]
Per i bolognesi la cucina tradizionale è quanto c’è di più serio del loro folklore.
Tutti conoscono il tortellino, ma pochi conoscono l’originale “turtlen”.
Cosa c’è di diverso? TUTTO, almeno per i bolognesi, per i quali questo prodotto è così importante, che hanno fondato una vera e propria confraternita in suo onore. Il 24 ottobre 1965, ad opera di buongustai locali, infatti, viene firmato l’atto notarile che da vita all’ associazione.
Ora nell’immaginario di tutti si è creata una scena di uomini incappucciati che venerano un enorme tortellino al chiaro di luna, mentre pronunciano strane formule. Nulla di tutto ciò è vero, se non che i membri onorari della confraternita del tortellino indossano realmente delle cappe gialle con tanto di bottoni dorati con la forma di questo manicaretto. La motivazione che spinse alla sua creazione è da ricercare nella diatriba che al tempo occupava le pagine dei giornali locali, ovvero quella che metteva in dubbio la cucina rosso-blu, insinuando anche dubbi sull’origine bolognese del tortellino.
Era Modena che avanzava pretese sulla paternità di questo prodotto, come era già successo in passato nel 1800. Così un gruppo di buongustai e in particolare Giovanni Poggi (un industriale che, nel tempo libero, si dedicava alla diffusione della tradizionale cucina bolognese), fondarono la Confraternita. Il motto che ancora oggi la contraddistingue è “In studio, in mensa, Bononia docet”.
Per appianare ogni dubbio sulla preparazione di queste piccole prelibatezze, il 7 dicembre del 1974, in collaborazione con l’Accademia Italiana della Cucina, venne depositata l’autentica ricetta del ripieno del “turtlen”, fissando anche i parametri della preparazione del brodo. Inoltre, sono state precisate le caratteristiche che lo rendono unico e inconfondibile nel panorama della vasta cucina delle paste ripiene.
Lo scopo dell’associazione è chiaro dalle parole dello stesso Poggi: “l’interesse per la cucina bolognese in particolare, e dell’Emilia Romagna in generale, difendendo e diffondendo le più antiche ricette gastronomiche, e in particolare quella del Tortellino, l’immagine più autentica della cucina e della cultura bolognese. Da epoche immemorabili, attraverso storie e leggende, Bologna è nota quale creatrice del tortellino né vi sono dubbi in proposito”. Questa congregazione ebbe un’intensa attività fino alla morte del suo fondatore e del suo braccio destro Alessandro Cervellati, il quale descrisse il tortellino come “un rapporto di amorosi sensi fra un fatto gastronomico e l’avvenenza femminile”.
Ancora oggi la Confraternita del Tortellino sopravvive, soprattutto grazie alla volontà di contrastare la diffusione del cibo fast food, che sta cancellando la gioia dello stare insieme a tavola. Vengono riproposte le tesi di Poggi e Cervellati, ma allo stesso tempo vi è una reazione alla scarsa cultura culinaria divagante, che propone alternative alla classica ricetta (vogliamo parlare dell’assurdità del tortellino affogato nelle vongole o, ancora peggio, nel ragù? oppure delle varianti aberranti del ripieno?).
Il merito della conservazione dello standard di questa prelibatezza va dato anche alle migliaia di sfogline che, con il loro lavoro, hanno tramandato la ricetta originale da generazione in generazione, fornendo un prodotto eccellente.
Sopravvivendo a tutte le rivoluzioni e ai diversi intingoli, il tortellino riesce sempre a galleggiare nel suo brodo fumante, mettendo d’accordo modernisti e tradizionalisti.