Il Dr. Frankenstein italiano: Aldini e i suoi esperimenti

Il Dr. Frankenstein italiano: Aldini e i suoi esperimenti

“Si può fare!”

Un potente fulmine colpisce la torre più alta del castello in una notte tempestosa. L’elettricità, sfrigolando lungo i cavi, si propaga attraverso i bulbi di un macchinario con mille quadranti impazziti. L’assistente abbassa un’enorme leva e il corpo sotto al lenzuolo ha un fremito. Lo scienziato, vestito dell’immancabile camice bianco, urla con gli occhi allucinati: “È VIVO!”, mentre una mano ricoperta di cicatrici si solleva dolorosamente.

Questa è una classica scena, che tutti conosciamo e a cui possiamo facilmente dare un nome. É il momento in cui il dottor Frankenstein porta in vita la sua terribile creatura patchwork. Forse non tutti sanno che questa celebre storia è tratta da degli studi realmente condotti da dei celebri personaggi proprio di Bologna. Stiamo parlando di Luigi Galvani e del nipote, Giovanni Aldini, il vero Dr Frankenstein italiano.

Gli esperimenti sui cadaveri

Aldini era uno studioso e un artista, l’uomo che per primo sostenne la teoria sulla possibilità di riportare in vita un cadavere tramite stimoli elettrici, riprendendo gli esperimenti condotti dallo zio sulle rane.

Pensò che fosse possibile applicare le procedure anche su salme umane, dando vita a dei veri e propri morti viventi, che diventarono, ben presto, oggetto di spettacolo.

Uno show morboso e raccapricciante, con un autentico pubblico, durante il quale i mostri erano i primi attori di una messa in scena macabra e misteriosa.

Si concentrò sugli effetti della corrente elettrica su cadaveri animali e poi umani, collegando elettrodi a pile con alti voltaggi a teste di cane mozzate, ottenendo la contrazione dei muscoli facciali e l’apertura e chiusura della mandibola, con la produzione di un vero e proprio schiocco di essa.

Applicò gli stessi elettrodi anche a teste umane recise, ottenendo lo spasmo del tessuto muscolare del volto e addirittura l’apertura degli occhi.

Infine, collegando i medesimi conduttori di corrente ai corpi decapitati otteneva il movimento degli arti e il sobbalzare dei corpi interi. Sotto gli occhi increduli del pubblico, i cadaveri riprendevano vita, con mosse terrificanti, scatti improvvisi e rantoli di dolore.  Si era testimoni di uno spettacolo degno del DR. Frankenstein.

Il nuovo laboratorio di Londra

L’obiettivo che Aldini perseguiva era quello di di riportare in vita i morti, il problema era che in quasi tutta l’Europa i condannati a morte venivano ghigliottinati, non vi era, dunque, la possibilità di lavorare su salme integre. Per questo si spostò a Londra nel 1803, in quanto paese più vicino, dove vigeva la condanna a morte per impiccagione.

Qui eseguiva esperimenti spettacolari, come quello tenutosi al Royal College of Surgeons.

17 gennaio 1803, in una classica giornata piovosa e grigia, l’assassino ventiseienne George Forster, sa che sarà impiccato per l’omicidio della moglie e del figlio, ma quello che non sa è che il suo corpo subirà altri tormenti una volta che la sua anima lo avrà abbandonato. Infatti, appena staccato dalla forca sarà portato in una sala del collegio, dove ad attenderlo vi è il suo carnefice.

Aldini, che aveva scelto personalmente la cavia, collegò i poli di una batteria da 120 volt a diverse parti del corpo di Forster: il volto, la bocca, le orecchie.

I muscoli della mascella ebbero uno spasmo e l’espressione dell’assassino divenne una smorfia di dolore spaventosa. L’occhio sinistro si aprì, fissando sbarrato il suo torturatore. Aldini divenne l’onnipotente burattinaio di una marionetta snodata.

Gli fece battere un braccio sul tavolo, inarcare la schiena, sollevare i polmoni in un angosciato respiro. Per concludere, il gran finale. Collegò un polo ad un orecchio, e infilò l’altro nel retto. Il cadavere cominciò una danza grottesca e terribile.

Un inviato del London Times, lì presente, scrisse: “la mano destra si è alzata stringendo il pugno, le gambe e i fianchi hanno iniziato a muoversi. Agli spettatori non informati su quel che stava succedendo è davvero sembrato che il corpo di quel disgraziato fosse sul punto di riprendere vita”.

L’esperimento fu tanto scioccante che l’assistente di Aldini, Giuseppe, morì di infarto poco dopo a causa dello spavento.

Il Dr. Frankenstein della Shelley

Questi agghiaccianti esperimenti vennero ripresi e messi inchiostro su carta da Mary Shelley, l’autrice del celebre romanzo “Frankenstein o il moderno Prometeo”.

L’autrice sostenne che l’ispirazione per il libro derivasse da degli incubi ricorrenti che la tormentavano la notte, ma da fonti certe si è scoperto che il padre della scrittrice era uno stretto amico dello stesso Aldini.

Quindi, probabilmente, essa ascoltò le conversazioni sugli studi dello scienziato, i quali la influenzarono talmente tanto da lasciare il segno con una delle storie gotiche più belle e memorabili mai raccontate.

Se sei interessato ai macabri esperimenti di Aldini, visita l’Archiginnasio e la Sala Anatomica con una delle nostre guide, per conoscere tutti i segreti e le storie racchiuse al suo interno. Oppure scarica uno dei nostri itinerari per scoprire la statua dedicata a Galvani .